Siamo noi stessi i limiti per i nostri sogni, al pari di quanto siamo noi stessi i geni che li potranno esaudire.

Roberta la Viola

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venerdì 23 maggio 2014

Chiodo scaccia chiodo

Quanto tempo perso, quanto, a volte, ci blocchiamo nella ricerca di qualcosa che poi alla fine si rivela importante, ma soprattutto inutile?

Faccio così perchè me lo hanno insegnato ...
Faccio questa cosa perchè con mio fratello non potevo comportarmi diversamente, altrimenti ...
Mi sono abituato a questa cosa e ormai non riesco a fare diversamente...

Bla bla bla, troppi giri, troppa energia sprecata per spiegare a noi stessi come siamo arrivati ad un certo punto;  riconosciamo che non ci piace o, peggio ancora, non ci fa stare bene, però ci raccontiamo che non possiamo fare diversamente.

Balle!
Possiamo fare diversamente, dipende da noi, come vi sarete abituati a leggere, c'è sempre una bella notizia.
Eccola: le abitudini funzionano come il famoso detto "chiodo scaccia chiodo".

Volete smettere di fare quella cosa che vi danneggia?

Bene, se lo volete davvero, la cosa che potrete fare è iniziare con qualcosa che vi faccia stare bene, le abitudini si eliminano innanzitutto con nuove abitudini.
Dipenderà da voi iniziare e dipenderà da voi continuare, con costanza, al fine di installare nel vostro software una nuova app, una nuova abitudine.

Siete pronti?

Cosa c'è, la vecchia non vuole andare via, rimane attaccata a voi?
E' possibile, dovrete solo iniziare ...


Chiodo scaccia chiodo, scegliete il nuovo, che vi fa stare bene, ed eliminate il vecchio.
Giocate, sperimentate, è sempre il tempo di mettersi in gioco, siete vivi e questo vuol dire che potrete scegliere.

Smentitevi, scoprite qualcosa che neanche immaginavate. Divertitevi!

Grazie a L., che pensa di chiedere il mio aiuto e invece lei aiuta me, aprendo i cassetti della memoria che liberano l'ispirazione.

Il coaching in azienda.

Ho scritto tanto in questi mesi, o forse anche poco.
Oggi ho riflettuto sul fatto che questo sito sia nato per rispondere a diverse esigenze.

Come ho spesso scritto, mi capita di dover spiegare cos'è il coaching, e questo mi ha portato a concentrare le energie sulla descrizione di questo tipo di approccio, focalizzandomi più sul lavoro di consulenza individuale, ossia quello che mi porta a lavorare con le persone che si rivolgono a me in studio.
Proprio questo aspetto mi ha fatto tralasciare un altro tipo di informazione relativamente alla mia professione.

Il coaching è un approccio che viene utilizzato non solo nella relazione d'aiuto con il singolo cliente o con piccoli gruppi come coppie o famiglie, il coaching si applica molto bene anche alla realtà aziendale, di qualunque tipo si tratti.

Le domande che arrivano più spesso sono: quali aziende possono trovare beneficio da un approccio del genere?
O ancora, e questa suona più come un'affermazione: Ma sono certamente le aziende di una certa grandezza a richiedere consulenze di questo tipo!?!

Spesso ci soffermiamo a fare distinzioni sui settori in cui un'azienda opera, e questo è certamente utile, può però portarci a perdere un aspetto fondamentale: le aziende sono fatte da persone.



In quest'ottica il settore di riferimento poco conta, le dinamiche che si innescano, le problematiche, eventualmente riscontrabili, riguardano la sfera delle relazioni umane e, proprio per questo il settore non è un aspetto fondamentale, ma semplicemente un dato che può essere importante.

Allora l'obiettivo di questo post è proprio quello di rispondere a domande come:
Perché un'azienda dovrebbe richiedere l'aiuto di un coach?
Come si applica il coaching nelle aziende?

Meravigliosamente!
E' certamente questa la prima affermazione che viene alla mente.
Volendo esplicitare il concetto, il coaching può essere utilizzato come unico approccio sia in colloqui di gruppo che individuali, può riferirsi agli obiettivi aziendali in genere, alla mission e alla vision di un'azienda, ed anche agli obiettivi della singola area o della funzione del ruolo ricoperto dalla singola persona.

Può essere affiancato ad altri approcci, che contribuiscano a migliorare i risultati e ad accelerare i processi di cambiamento, ed il primo è certamente quello della formazione.

Ho infatti sperimentato che quando si ha la possibilità di programmare i due tipi di intervento nel medio e lungo termine, con costanza, dedizione e il coinvolgimento dell'intero organico, i risultati non solo arrivano, ma lo fanno anche presto.

Perché un'azienda, a prescindere dalla sue dimensioni o dal settore in cui opera, dovrebbe richiedere l'aiuto di un coach?

. Perché spesso per realizzare il proprio sogno, il proprio obiettivo, c'è bisogno di qualcuno che ci  aiuti a focalizzarlo meglio.
. Perché certe volte l'imprenditore è talmente "dentro" la sua situazione, il suo contesto, che qualcosa può sfuggirgli e, alla lunga, anche disorientarlo.
. Perché le persone, quando stanno bene, lavorano meglio.
. Perché un coach può facilitare e agevolare i percorsi di cambiamento, anche quando questi si rivolgono alle carriere, o a cambiamenti cui l'azienda è sottoposta perché spinte esterne del mercato glielo impongono.
. Perché, a volte, le relazioni interne, quelle tra le varie funzioni aziendali, possono complicarsi e occorre qualcuno che possa aiutare le parti per arrivare ad un dialogo costruttivo.

Insomma, i perché sono davvero tanti.
Non è un caso che sempre più aziende decidano di trovare una persona che possa aiutarle nel difficile ruolo che sono tenute a svolgere ogni giorno, quello di realizzare ciò per cui sono nate, anche in un tempo in cui fare azienda, e confrontarsi con il mercato, è una sfida da vivere ogni giorno.

Un coach, può aiutare la rifocalizzazione degli obiettivi, proprio quando questi sono messi a dura prova dalle varie situazioni che l'imprenditore e i suoi collaboratori sono tenuti ad affrontare ogni giorno.
Quando la prontezza viene a mancare, può essere che sia venuta a mancare anche la serenità e certamente c'è un'area su cui bisognerà intervenire.




Spero che questo pezzo del puzzle, che oggi aggiungo, possa aiutare chi riserba dei dubbi sul coaching e sulle relazioni d'aiuto in genere.

giovedì 22 maggio 2014

Uno, due e ... tre!

Capire di non essere "dei", capire che da genitori, così come da persone, non siamo invincibili.
Siamo vulnerabili, siamo alla ricerca della cosa giusta o sarebbe meglio dire della cosa migliore possibile.

Quando diventiamo genitori siamo esposti alle nostre mille contraddizioni, più che in altre circostanze, in altre situazioni, vestiamo il ruolo che noi stessi ci siamo assegnati, e spesso dimentichiamo di essere, prima di qualsiasi altro ruolo, delle persone.

Lavoro spesso con coppie che hanno intrapreso questo impegnativo percorso, quello della genitorialità.
Troppo spesso, le problematiche della coppia nascono dall'essersi dimenticati alcune verità basilari:
. la prima, è proprio quella di essere delle persone;
. la seconda, quella che, pur nella nostra individualità, siamo in coppia e non una coppia.

Dimenticarsi di essere una persona e ricordarsi solo del ruolo che si ricopre, significa dimenticarsi delle proprie esigenze, dei propri desideri, dei progetti che da tempo speriamo di realizzare.

Dimenticarsi di essere in coppia, significa non dedicarsi più il tempo necessario per confrontarsi, scoprirsi, conoscersi, litigare, discutere, amarsi, ...
Quando una terza vita si aggiunge alle due, che già esistevano, si è talmente concentrati e sorbiti dalle nuove esigenze che incombono, che si ha la sensazione di non vivere quasi più neanche per se stessi, figuriamoci per l'altro, ma si ha solo tempo e occhi ed energia per quell'esserino che è da poco giunto.

Eppure il mio invito è: ricordatevi che quell'esserino ha bisogno di voi, del vostro essere persona, del vostro essere in coppia, della vostra responsabilità di genitore neo-nato, ma anche di tutta la vostra energia.
Più questa sarà pulita, più quel piccolo extraterrestre godrà della vostra presenza.

E' certamente vero, avete meno tempo per vivervi personalmente e per vivere in coppia, allora giocate il gioco della qualità.
Quel tempo che ritaglierete per voi sarà poco, sì, ma può essere intenso, anche se ciò che deciderete di fare sarà bere un bicchiere di vino e chiacchierare.

So bene che qualche genitore potrà pensare "Magari! La fai facile."

In realtà, mi piacerebbe che ne vedeste la possibilità, che possiate concedervela.
Dipende da voi, e un pò anche da quel piccolo esserino che è entrato a pié pari nella vostra vita.
Ma vedrete che la godibilità della vostra energia "pulita", quella che rimetterete in campo, sarà splendida per chiunque entri in contatto con voi.

Domande:
. da quanto tempo non programmate un'uscita a due?
. Da quanto tempo non preparate una cenetta, anche casalinga, dove i protagonisti siano voi e il vostro compagno/a?
. Da quanto tempo non uscite con un amico o amica, per sentirvi che siete uno, prima di essere due e poi tre?

Non importa il numero dei giorni, mesi o anni incluso nelle vostre risposte, ciò che importa è:
per voi, il tempo riportato nelle vostre risposte, è troppo?

Allora è il momento di programmare qualcosa che vi aiuti a rigenerarvi.

In ogni caso, se il ruolo che avete deciso di ricoprire, quello del genitore, a volte vi sembra una sfida che al momento non state affrontando al meglio, vi consiglio un ottimo libro per confrontarvi e migliorarvi:


                                                    Buona lettura.

giovedì 15 maggio 2014

Sì lo voglio. No, no, non lo voglio più!

Lo voglio, non lo voglio, ma poi lo rivoglio e poi ancora ....

Un circolo infinito, penso che vorrei fare una cosa e che mi aiuterebbe farlo, poi un attimo dopo sono certa che non sia affatto così, piuttosto che sia vero il contrario.

Una corsa infinita a rincorrere la propria verità: voglio o non voglio farla sta cosa?

La domanda che continuo a pormi è proprio questa e la risposta non arriva se non per 5 minuti, e poi tutto da capo.

Che non sia la domanda a farmi fare questo giro infinito?
Spesso la domanda non è posta nel modo migliore, ciò che mi sto domandando non risolve il mio dubbio, la mia indecisione.

Chiedersi: mi è utile? a volte può aiutarci ad uscire dal loop, reiteriamo comportamenti che non ci sono utili, eppure continuiamo a proporli.




Se ci domandassero perchè lo facciamo, risponderemmo, molto probabilmente, che siamo abituati così.

Ma non è per niente vero che un' abitudine sia necessariamente sana, piuttosto spesso ci abituiamo a cose che non ci fanno bene.

Allora la domanda è: qual è la vostra abitudine? Qual è quella abitudine che continuate a proporre a voi stessi, col vostro comportamento,  che proprio non vi aiuta a stare meglio?

L'avete trovata?

Potrebbe venirvi spontaneo chiedervi il perchè l'abbiate acquisita, io vorrei proporvi invece di chiedervi se vi è utile.
 Rinunciate, per un pò, al ritorno al passato con il famigerato perchè, andate al passato con una domanda nuova:
in quali situazioni avete attuato quella abitudine, quel comportamento?
E poi:
in quali di queste avete riscontrato l'utilità di quella azione?
In altre parole:
Vi ha fatto bene vedervi in quell'azione?
Come vi siete sentiti e come vi sentite quando ci ripensate?

Dietro queste domande c'è la risposta che cercate, ora potrete ri-chiedervi: voglio o non voglio farla sta cosa?

Cambiare è possibile, purchè lo si voglia. Migliorare è utile per stare bene con noi stessi, prima che con gli altri.