Siamo noi stessi i limiti per i nostri sogni, al pari di quanto siamo noi stessi i geni che li potranno esaudire.

Roberta la Viola

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lunedì 18 marzo 2013

La paura, uno stato di immobilità.

Il coraggio della provocazione Quando stupire non è maniera



A quanti è capitato di sognare di essere terrorizzati dalla paura, tanto da non riuscire a compiere l'azione necessaria per risolvere la questione?
Nel sonno capita di vederci incastrati e di non riuscire a gridare per chiamare "aiuto", o di non riuscire a comporre un numero di telefono, che altrimenti faremmo anche ad occhi chiusi o ancora di non avere la forza e l'agilità necessarie per correre e scappare via.
Insomma, quando siamo immersi in questo stato d'animo la cosa più naturale è non fare, non agire, immobilità.
Siamo bloccati e non si tratta di una scelta, poiché ciò che sentiamo è proprio di non poterci muovere, di non poter fare diversamente da ciò che stiamo facendo, vale a dire nulla.
Allora quale potrebbe essere la prima cosa necessaria?
Liberarci dal giogo della paura.
Uscire allo scoperto, sentire che possiamo farcela.
Smettere di vivere nella paura significa ricominciare a vivere.
Affrontare il demone per mostrare a noi stessi che siamo capaci di essere e realizzare ciò che pensiamo.

Quando un'azienda ha paura, smette di fare investimenti sul marketing o sulle persone.
Quando la persona ha paura di non riuscire, smette di  progettare e si rifugia nella giustificazione che "tanto sarebbe inutile".
Quando ho paura dell'amore e del fatto che non potrei sopportare di non essere amato, non mi relaziono con nessuno a livello profondo.
Quando ho paura del futuro, perché non so cosa possa aspettarmi, smetto di pensare a ciò che mi piacerebbe fare e scelgo di non scegliere, perché sarebbe troppo doloroso scoprire di aver sbagliato treno.

Banalmente, potrei aver paura di tutto e questo mi porterebbe a fare niente.
Allora affrontare il demone è il primo passo, sapere con chi ho a che fare, conoscere il nemico.
Spesso è proprio questa la lieta notizia: il primo sabotatore della mia vita sono io.

Ma allora cosa c'è di bello e lieto in questa possibilità?
Siamo noi stessi i limiti per i nostri sogni, al pari di quanto siamo noi stessi i geni che li potranno esaudire.
Affrontarmi potrà essere la cosa più difficile, ma è anche certamente la cosa più semplice, del resto chi mi conosce meglio di me?!

mercoledì 6 marzo 2013

Abitudini e obiettivi.


Il post di oggi è una trascrizione che non ha bisogno di altro intorno, se non questa breve introduzione che suona più come una domanda:
Le abitudini ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi, così come a volte possono essere gli ostacoli che non vediamo nel nostro percorso?

"Una volta domandai a Lord Carandon, un diplomatico inglese, quale fosse la lezione più preziosa appresa durante la sua lunga e brillante carriera al servizio del governo.
La lezione più preziosa - rispose - la imparai proprio all'inizio della carriera, quando fui inviato in Medio Oriente a fare da assistente ad un amministratore locale.
Il mio superiore si recava ogni giorno in un paese diverso, per dirimere controversie e per risolvere altre questioni importanti.
Ogni volta, arrivato in paese, si scatenava un pandemonio, perché veniva assediato da persone che avevano richieste da porgli e che volevano offrirgli il caffè
La cosa non terminava fino al tramonto, quando lui ripartiva.
Avrebbe potuto plausibilmente dimenticare i suoi obiettivi, se non fosse stato per una semplice abitudine.
Appena prima di fare il suo ingresso nel paese, al mattino, accostava l’auto sul ciglio della strada e chiedeva:
Quando stasera lasceremo il paese, che cosa vorremo aver realizzato?.
Sia lui che io rispondevamo a questa domanda, quindi entravamo in paese.
Quando ripartivamo, la sera, accostava di nuovo l’automobile sul lato della strada e domandava:
Ora, ci siamo riusciti?
Abbiamo realizzato quello che avevamo stabilito?’”.
Quella semplice abitudine mentale era la lezione più preziosa che Carandon avesse mai imparato.

William Ury - Dal libro “Negoziare in situazioni difficili"

Aggiungo e concludo con un'altra domanda: 
quali sono le abitudini che ci hanno ostacolato o ancora lo fanno?



venerdì 1 marzo 2013

Cambiare la marcia.

"Paradossalmente, di fronte a una sfida la maggior parte delle persone tende di solito a cambiare marcia passando al livello più basso, e non a quello più elevato necessario per affrontarla. Ciò trasforma una sfida in un blocco: di fronte ad essa lo stato di coscienza della persona regredisce a un livello primitivo dove non è possibile apprendere o creare nuove reazioni."

Queste parole di S. Gilligan mettono l'attenzione su un fatto facilmente osservabile quando si ha a che fare con percorsi di cambiamento, o più semplicemente quando si opera nell'ambito delle relazioni d'aiuto.

Spesso ho osservato nei miei clienti questo "scalare" la marcia, decidendo di fare un passo indietro.
Come se l'andare bene facesse paura, come se questo aver ingranato la marcia giusta avesse un retrogusto amarognolo, al punto da dimenticare di aver desiderato di essere lì, di essere ad una svolta e di poter finalmente guardare da vicino qualcosa che fino ad allora si era solo immaginato.
Come se il timore, di arrivare finalmente allo stato desiderato, superasse la gioia di essere giunti fin lì.

Allora mi domando: è la paura di vedere realizzare i nostri cambiamenti, anche quelli tanto agognati, che fa tirare i remi in barca?
Come dire: meglio stare dove sto, sto male certo, ma so anche dove mi trovo; piuttosto che essere in un posto nuovo e sentire di stare meglio.
La paura dell'ignoto, anche di quello che ho sognato e sperato, può farmi regredire come dice Gilligan?

Insomma, la famosa barzelletta dei due matti che arrivano al 99° cancello e tornano indietro...

Con le parole di Gilligan rifletto, penso a ciò che vedo, osservo l'atteggiamento dell'essere di fronte ad una nuova sfida che fa paura, e mi chiedo: ma starci dentro, con una marcia più bassa, dovrebbe terrorizzarmi e non semplicemente impaurirmi.

Quindi, quando decidiamo di interrompere qualcosa, qualcosa che ci sta facendo bene, qualcosa che ci sta cambiando e ci sta facendo scoprire nuovi percorsi che non avremmo neanche immaginato, quando inizio a sentire quella paura perché qualcosa di nuovo mi sta sfidando, allora è il momento di andare e non di ri-tornare, quello è il momento di scegliere la marcia, quella giusta e non quella meno rischiosa.

Questo post è dedicato a tutti quelli che hanno iniziato un amore ed hanno avuto paura di continuare, a quelli che hanno scelto di cambiare, iniziando una terapia o un percorso di coaching, e poi hanno interrotto perché spaventati dal cambiamento di cui stavano iniziando a godere.
E' dedicato a quelli che hanno paura dell'ignoto, ma scelgono di scoprirlo tuffandosi dentro.
E' dedicato a chi "sceglie" perchè sa che la differenza non sta in ciò che ci accade, ma in come reagiamo a ciò che ci accade.